Il cheratocono

20 Ottobre 2016

Il Cheratocono è una malattia degenerativa non infiammatoria della cornea caratterizzata da un progressivo assottigliamento dello stroma centrale e paracentrale e da uno sfiancamento conico (o ectasia) del profilo corneale che inducono l’insorgenza di un astigmatismo miopico irregolare. Il termine “cheratocono” deriva da due parole greche: keratos=cornea e dalla parola konos=cono.

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In pratica significa cornea conica, ed è una condizione nella quale la cornea viene a perdere la sua forma sferica normale, deformandosi in modo irregolare a forma di cono, compromettendo la nitidezza della visione anche quando sono utilizzati gli occhiali.

Nel cheratocono la deformazione della cornea avviene in modo irregolare, asimmetrico e quindi solo parzialmente risulta correggibile con gli occhiali tradizionali. Tale deformazione, è dovuta ad una alterazione della struttura dello stroma corneale che porta ad un suo progressivo assottigliamento e conseguente sfiancamento.

È una condizione progressiva che può evolvere velocemente o svilupparsi lentamente negli anni. Spesso colpisce entrambi gli occhi (90%-95% dei casi) ma si manifesta in tempi diversi tanto che inizialmente soltanto un occhio può sembrare interessato dalla malattia.
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Non sembra esistere una prevalenza maggiore a carico di uno dei due sessi.

Il cheratocono è molto raro nell’infanzia, si manifesta in genere in pubertà tra i 12 e i 15 anni di età. La forma è spesso evolutiva fino ai 25-30 anni e tende a stabilizzarsi dopo i 35-40 anni.

L’eziologia del cheratocono rimane ancora, a tutt’oggi, poco chiara. Il fatto che questa patologia sia presente spesso in più membri della stessa famiglia ci lascia pensare ad un forte ruolo degli aspetti genetici ma non si sono ancora chiaramente identificati i geni responsabili.

Il cheratocono generalmente si presenta come patologia isolata, ma può essere associato ad altre malattie (patologie del tessuto connettivo, dermatite atopica, retinite pigmentosa, ecc.).

Tra le cause è descritto che in alcuni casi possa giocare un ruolo anche l’azione meccanica dello strizzare o strofinare gli occhi, come in caso di forme allergiche che determinano prurito.

 

I principali sintomi che il paziente riferisce in una fase iniziale possono essere analoghi a quelli di una semplice miopia: compare una sfocatura della visione specialmente guardando lontano.

Successivamente la qualità dell’immagine peggiora e compare la percezione di una “sbavatura” delle immagini o di una distorsione delle stesse, soprattutto la notte, con aloni o immagini “oblunghe e distorte“ delle luci. A volte si ha anche la percezione di immagini doppie oppure una deformazione netta delle immagini rette. Alcune volte è presente anche fotofobia (intolleranza alla luce).

La diagnosi non sempre è precoce poiché all’inizio è spesso colpito un solo occhio.

 

Si può distinguere il cheratocono in quattro stadi:

  1. Cheratocono frusto (primo stadio)
  2. Cheratocono correggibile con occhiali (secondo stadio)
  3. Cheratocono correggibile con lenti a contatto (terzo stadio)
  4. Cheratocono da trattare chirurgicamente (quarto stadio)

 

Si tratta di una classificazione semplificata che, comunque, ci permette di ripercorrere l’evoluzione della malattia e le possibili opzioni terapeutiche.

Il cheratocono frustro (primo stadio) è la forma lieve che può essere completamente asintomatica. Le prime deformazioni della cornea possono passare completamente inosservate se non si ricorre ad apparecchi sofisticati.

In una fase successiva il cheratocono determina la comparsa di un astigmatismo e spesso di una miopia. Inizialmente questi difetti possono essere completamente correggibili con un normale paio di occhiali (secondo stadio). Purtroppo in questo caso si assiste spesso a frequenti cambiamenti del difetto visivo che richiede il “ritocco” degli occhiali.

Quando la deformazione progredisce si assiste ad un incremento dell’astigmatismo tale da rendere gli occhiali poco efficaci nel garantire una buona visione. Si deve, allora, ricorrere alle lenti a contatto (terzo stadio).

Non tutte le lenti a contatto vanno bene: nel caso specifico devono essere utilizzate delle lenti dure rigide o semirigide, meglio definite come gas permeabili. Solo queste, infatti, riescono a “regolarizzare” la superficie della cornea in modo tale da consentire una visione migliore.

Essendo le lenti a struttura rigida, generalmente esse non vengono immediatamente tollerate, determinando sintomi quali senso di corpo estraneo, fotofobia, dolore al bulbo oculare.

Non dobbiamo dimenticarci che c’è sempre un periodo di adattamento che varia da soggetto a soggetto e che deve essere supportato sempre da una grande motivazione del paziente.

La regola comune, comunque, è quella di creare, con la lente, una lieve pressione sull’apice del cono per regolarizzalo.

Le lenti a contatto sono un valido sistema di controllo dello sfiancamento corneale ma devono essere usate sotto continuo monitoraggio da parte dell’Oculista e del Contattologo. Infatti, una lente a contatto non adatta può, col tempo, provocare l’abrasione e l’opacizzazione dell’apice della cornea.

Con i moderni topografi corneali è possibile creare un protocollo di controllo affidabile: questo aiuta molto l’applicatore perché può prevenire le complicanze portando alla tempestiva sostituzione della lente, se necessario.

 

CHIRURGIA DEL CHERATOCONO

L’evoluzione del cheratocono non è, purtroppo, prevedibile: vi sono pazienti in cui la malattia progredisce rapidamente in pochi mesi per poi stabilizzarsi per anni; altre persone peggiorano invece lentamente ma inesorabilmente. Il cheratocono può evolvere al punto da richiedere una soluzione chirurgica.

 

Cheratoplastica

Negli stadi più avanzati, infatti, la deformazione della cornea non è più compatibile con una corretta applicazione delle lenti a contatto e spesso si associano delle smagliature e delle opacità della cornea che ostacolano in modo irrecuperabile la visione. In questi casi, che rappresentano circa il 20% delle forme più gravi di cheratocono, si rende necessario il trapianto di cornea detto cheratoplastica (quarto stadio).

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Questo è un intervento di microchirurgia, eseguito con l’aiuto di un microscopio operatorio. Consiste nella sostituzione della cornea malata con una sana prelevata da un donatore. L’intervento dura da trenta minuti a un’ora e mezza e può essere fatto in anestesia generale o in anestesia locale.

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Esistono fondamentalmente due tipi di cheratoplastica:

  1. Perforante: il disco centrale della cornea viene sostituito completamente, a tutto spessore.
  2. Lamellare: solo una lamella, uno strato di cornea, viene sostituita.

Per tanti anni il problema maggiore della cheratoplastica è stato quello di reperire un numero sufficiente di donatori. Oggi la disponibilità di cornee è maggiore e quindi il trapianto di cornea non deve più essere visto come un evento eccezionale.

Poiché la cornea è priva di vasi sanguigni, il rigetto della cornea trapiantata è una evenienza poco probabile ma possibile. Attualmente l’intervento più praticato è la cheratoplastica perforante ma c’è una decisa tendenza ad incrementare il numero delle cheratoplastiche lamellari profonde per una serie di utili motivi.

La qualità della visione migliora con il trapianto di cornea, ma in alcuni pazienti altre soluzioni meno invasive possono consentire un controllo della patologia. Questo perché ci sono i possibili rischi della chirurgia ed i risultati visivi spesso sono tali da richiedere comunque l’uso degli occhiali e/o delle lenti a contatto.

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CROSS LINKING

 

Il Cross-linking è una terapia innovativa parachirurgica del cheratocono e delle ectasie corneali. Cross-linking vuol dire “formazione di legami incrociati”.

È una reazione fotodinamica di polimerizzazione del collagene dello stroma corneale in grado di incrementarne la resistenza. La resistenza meccanica della cornea è correlata al numero di fibre e, soprattutto, al numero di legami chimici a ponte che esistono tra di loro.

La tecnica del cross-linking sfrutta una sostanza innocua, la Riboflavina, nota come Vitamina B2, per creare una reazione chimica all’interno dello stroma corneale, innescata dalla luce ultravioletta emessa da una lampada appositamente studiata per questo scopo.

La reazione chimica comporta un moltiplicarsi di legami tra le fibre collagene che, in maniera sorprendente, diventano più spesse, più ordinate e più resistenti a stimoli meccanici e chimici.

Ne risulta una stabilizzazione della cornea con conseguente arresto dello sfiancamento della stessa e, pertanto, del cheratocono. La tecnica fino ad oggi attuata, cosiddetta “Standard”, è caratterizzata dalla rimozione dell’epitelio corneale prima di procedere ad imbibizione dello stroma e a successivo irraggiamento con raggi ultravioletti di tipo A.

Attualmente si sta diffondendo anche una nuova tecnica, destinata a casi particolari e selezionati, che non prevede alcuna rimozione dell’epitelio (Cross-Linking transepiteliale).

 

CROSS-LINKING STANDARD

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La tecnica è semplice e la durata dell’intervento non è molto lunga (45 minuti circa).

L’occhio viene anestetizzato con un collirio ed il paziente viene fatto accomodare su un lettino operatorio. Si posiziona uno strumento che consente di mantenere l’occhio aperto senza fatica e quindi si procede alla rimozione dell’epitelio corneale.

Questo passaggio è necessario per consentire al farmaco di penetrare correttamente all’interno della cornea. La rimozione dell’epitelio non è, comunque, né dolorosa né pericolosa! Come già detto, l’epitelio si rigenera rapidamente, e per questo, nel giro di qualche giorno, sarà di nuovo ben formato.

 

Una volta che la cornea si è imbibita di riboflavina, somministrata goccia a goccia, bisogna lasciarla esposta all’azione dei raggi ultravioletti di tipo A (UV-A) per circa 30 minuti in modo che i legami tra le fibre collagene si formino numerosi ed in modo uniforme.

In questa fase il paziente dovrà fissare la lampada ed il chirurgo dovrà controllare il corretto allineamento della sorgente luminosa aggiungendo periodicamente altra riboflavina.

Dopo questo passaggio l’occhio viene medicato e si applica una lente a contatto morbida in modo da ridurre il dolore e favorire la corretta guarigione della superficie della cornea.

L’età tipica del cheratocono evolutivo va dai 10-12 ai 35 anni, ma in alcuni casi si può agire anche fino a 36-40 anni visto che il parametro più importante è la progressione clinica e strumentale evidenziabile negli ultimi 6-12 mesi. Per questa ragione è necessario un attento e regolare controllo con visite ed esami ripetuti.

Tra questi bisogna ricordare soprattutto la topografia corneale (in gergo chiamata “mappa”) o la tomografia corneale e la pachimetria.

Utili possono essere anche l’aberrometria e la microscopia confocale.

Un parametro fondamentale per eseguire il cross-linking è lo spessore corneale.

Il trattamento di Cross-linking è anche indicato in caso di intolleranza alle lenti corneali ma ciò va valutato dall’Oculista, caso per caso.

Il più importante risultato del Cross-linking è la stabilizzazione della progressiva deformazione corneale. Il rinforzo del collagene corneale determina, pertanto, una stabilizzazione delle condizioni visive. In quasi tutti i casi si assiste anche una lieve regolarizzazione dell’astigmatismo che si traduce anche in un lieve miglioramento della vista. In base a quanto detto si comprende che la condizione ideale di trattamento è costituita dagli stadi precoci del cheratocono in cui le alterazioni più gravi non si sono ancora manifestate.

Nei primi giorni successivi all’intervento è normale vedere male (offuscamento della vista) ed avvertire un fastidio che può arrivare al dolore ma che sicuramente causa una sensazione di corpo estraneo spesso associata a lacrimazione.

Ciò succede soprattutto perché la rimozione dell’epitelio lascia una specie di escoriazione sulla cornea che quindi comporta disagio. In questa fase di guarigione la cornea, inoltre, funziona male come lente determinando, appunto, una visione offuscata.

La lente a contatto viene rimossa dopo 3-5 giorni e da allora la vista tende progressivamente a migliorare nel tempo. Nella fase postoperatoria una attenta terapia è fondamentale per ridurre il fastidio, per accelerare il recupero e per evitare possibili infezioni.

Dopo la fase post-operatoria precoce la cornea tende ad “assestarsi” lentamente nel tempo: se anche la visione torna a valori buoni nel giro di qualche settimana, sono necessari alcuni mesi per apprezzare al meglio il trattamento! Per questa ragione sono necessari ripetuti controlli e cure prolungate che vanno modulate in base ai rilievi clinici e strumentali.